Si è conclusa la prima edizione del Trentodoc Festival, che tra appuntamenti in città e in cantina ha dato il via a un nuovo piacevole evento senza dubbio da ripetere
Sono passati pochi giorni dalla conclusione del primo Trentodoc Festival, definito anno zero, più che prima edizione, soprattutto per rispondere a qualche critica. In realtà, nonostante ci siano delle migliorie da apportare, ho trovato già un’ ottima partenza per questo nuovo evento dedicato al Trentodoc e al suo rapporto con l’ arte e la cucina.
Tre giorni di appuntamenti, come avevamo già visto qui, che si sono susseguiti in un calendario ricco e diversificato. Ve ne racconto alcuni, che ho vissuto in prima persona.
Le degustazioni di Trentodoc
Iniziamo dalla nota dolente. I tasting infatti sono stati i più criticati per la difficoltà nella prenotazione, come avevo segnalato anch’ io e per una mancata chiarezza dei posti effettivamente disponibili.
Non poter partecipare ai Trentodoc Tasting ha portato molti a recarsi a Palazzo Roccabruna per degustare lì alcuni calici. Queste persone unite a chi cercava un aperitivo diverso e a chi è stato incuriosito solopassando, hanno creato file piuttosto importanti davanti all’ Enoteca Provinciale del Trentino.
File che non scorrevano in modo particolarmente veloce, se non per qualche provvidenziale abbandono, perché una volta all’ interno il tempo volava tra una degustazione e l’ altra e piacevoli chiacchierate. Perciò i posti non si liberavano certo in velocità.
I tavoli riservati alle degustazioni sono stati organizzati nel cortile interno di Palazzo Roccabruna. All’ esterno, solo nelle parti coperte da ombrelloni o dal porticato del palazzo, mentre non sono state allestite le sale interne. Per una questione di sicurezza è stato detto e forse anche per un’ incognita meteo, soprattutto per la giornata di domenica.
Considerando l’ affluenza adibire più spazi a questi momenti di certo avrebbe aiutato. Così come magari creare una prenotazione che unisse l’ evento gratuito alla degustazione a pagamento successiva. In modo da permettere a chi in uscita da un evento, di spostarsi direttamente nello spazio per la degustazione, senza doversi mettere in fila.
Le mie degustazioni a Palazzo Roccabruna
Al di là della parte organizzativa, che sono certa sarà migliorata, parlando della parte pratica delle degustazioni pomeridiane e serali, scelta e pagamento alla cassa una volta entrati. Tra Degustazione Trentodoc Riserva con quattro calici a scelta al costo di € 20,00 e Grandi Riserve al calice al prezzo indicato per ciascuna scelta.
Ma anche verticali di Giulio Ferrari (1999,1997,1996, 1995) a € 50,00 e di Madam Martis Maso Martis (2005, 2004, 2003) a € 30,00. Questo per quanto riguarda venerdì e sabato, le due serate a cui io ho partecipato. 61 etichette per il venerdì di cui 11 al calice e 50 per il sabato di cui 9 al calice, tra cui scegliere. Con qualche differenza tra le due giornate. Dalla vendemmia 2018 alla 2004 e un Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 1999 al calice.
Piccolo assaggio di salumi e formaggi del territorio come accompagnamento e volendo un tagliere extra al costo di € 5,00. Sconto del 20% per i sommelier con le tessere delle associazioni. Per il primo giorno non ne ho approfittato, per il secondo sì.
Come sempre le degustazioni a Palazzo Roccabruna sono un’ ottima occasione per spaziare, provare prodotti nuovi o, come in questo caso con le Riserve, di crearsi delle piccole verticali.
La mia scelta il primo giorno è ricaduta sui Trentodoc Fondazione Mach di cui ho degustato 4 annate. 2015, 2013, 2010 e 2009. Il secondo invece, prima sui Trentodoc Nature con Dolòmis, Pedrotti in due annate e Tonini. E conclusione con due Brut. Piancastello 2012 Endrizzi e Maso Poli 2010.
Entrambi i giorni per un caso fortunato mi sono trovata in fila con altre persone sole come me, con cui poi ho condiviso le degustazioni e un paio d’ ore di chiacchiere.
L’ attesa, aiutata anche dal meteo favorevole, è valsa la pena. E ancora una volta, se passate per Trento vi consiglio una degustazione all’ Enoteca Provinciale del Trentino, perchè è davvero una belle esperienza.
A Palazzo Roccabruna anche i Wine Talks
Stessa sede, ma nelle sale al piano superiore per alcuni dei Wine Talks, gli appuntamenti dedicati al confronto su a svariati temi legati al mondo del vino, con sue figure di spicco.
Ho partecipato a due. Venerdì alle 18:00 Montagna e Bollicine con Alvise Spagnolli, giovane produttore che avevo conosciuto all’ evento Trentodoc di Rimini qualche mese fa, Diego Cusumano fondatore di Cusumano, Mario Del Grosso Destreri direttore della Fondazione Mach e Andrea Buccella di Cesarini Sforza. Un confronto che ha messo al centro il territorio, le tradizioni e le differenze delle varie zone vinicole. Non sono mancati gli aneddoti legati agli inizi e a quei momenti che restano indelebili nel percorso di ciascuna realtà.
Non solo Trentodoc quindi ma anche Sicilia, con i suoi vini di montagna, le terre nere dell’ Etna, i muretti a secco ricostruiti da professionisti ultra ottantenni, per un territorio e una produzione unica.
A fine Wine Talks un calice di Trentodoc gentilmente offerto nella sala adiacente. Io ne ho approfittato per degustare il Nature di Corvée, che non avevo mai assaggiato.
Sabato alle 16:00 invece Camilla Lunelli del Gruppo Lunelli, Giacomo Malfer di Revì, Antonio Capaldo di Feudi di San Gregorio e Paolo Dorigati di Metius sono stati i protagonisti di Come comunicare. Al centro la comunicazione del vino, le scelte di promozione, il rapporto con gli influencer, con i social e il cambiamento causa pandemia.
Giacomo Malfer, ha ricordato gli ottimi risultati degli approfondimenti e dei lanci solo virtuali del periodo di chiusura, ma non ha negato una difficoltà di far coincidere oggi la dimensione online con quella offline, per una semplice mancanza di tempo. Un qualcosa che, portato avanti, andrebbe senza dubbio ad arricchire quello che è il focus di Revì per la comunicazione, le esperienze dirette in cantine. Quelle che si differenziano, lasciano un segno agli ospiti, che le ricordano nel tempo e di conseguenza ne parlano entusiasti nel tempo.
Anche Feudi di San Gregorio punta sulle experience in cantina, che comprendono hospitality e ristorazione di qualità. In un territorio, l’ Irpinia, non certo luogo di passaggio. Questa realtà vuole promuovere la bellezza del territorio e per farlo crea progetti in cui l’ arte è protagonista. Ad esempio inserendo opere d’ arte in cantina. L’ ultima “Il Canto della Terra” di Pietro Ruffo.
Cooking Tales al Castello del Buonconsiglio
Cornice incantevole quella del Castello del Buonconsiglio e del suo giardino, davvero magico nelle giornate di sole. La mia intenzione era di partecipare a due di questi appuntamenti. Quello dedicato alla Carta dei Vini con Lucia Letrari e Gabriele Gorelli e quello dedicato alla Cucina Sensoriale. Sono riuscita a prenotarmi solo per quest’ ultimo, per l’ altro ero in lista d’ attesa. Non ho però ricevuto l’ e mail di qualche posto disdetto e ho evitato di presentarmi al Castello nella speranza di qualche posto libero all’ ultimo. In realtà mi è stato detto che ce n’ erano parecchi, ma ho preferito andare con calma al Wine Talks di cui abbiamo appena parlato.
Quindi ho partecipato al Cooking Tales dedicato alla Cucina Sensoriale sabato alle 12:00 nella Loggia del Romanino con affreschi meravigliosi. Evento dedicato alla cucina sensoriale e vegetale, con gli Chef stellati Pietro Leemann del ristorante Joia di Milano e Alessandro Gilmozzi del ristorante El Molin di Cavalese, che hanno realizzato dal vivo due piatti pensati per esaltare materie prime, erbe e differenti modi di lavorarle, successivamente in degustazione.
Accanto a loro Elena Paternoster dell’ azienda Mieli Thun ed Eleonora Cunaccia detta Noris, ex ristoratrice che da vent’ anni si dedica alla raccolta delle erbe spontanee, titolare di Primitivizia. Bellissimo il feeling tra gli ospiti, soprattutto tra gli Chef e Noris tra cui c’è un rapporto di amicizia di lunga data, che si è percepito molto bene.
I racconti e lo show coking hanno tenuta viva l’ attenzione e l’ interesse di tutti i presenti, tra l’ altro i posti erano al completo. Incuriosendo chi come me non ha ancora provato questi due ristoranti a farlo appena possibile. Bella anche la sorpresa di Noris, che ha portato tutte le parti della legna, che servono per accendere un fuoco perfetto e mantenerlo.
Tutti presentati rigorosamente in dialetto per mettere l’ accento sulla tradizione dei luoghi trentini e delle loro usanze. Mi ha fatto sorridere ricordarne alcuni o rendermi conto di averne di simili nella memoria di bambina cresciuta in Trentino.
I piatti in degustazione con un calice di Trentodoc
Elena e Noris hanno accompagnato poi la degustazione finale con un assaggio di pane e loro creazioni, decisamente gustoso. Immancabile un calice di Trenotodoc con la degustazione dei piatti, svolta nel giardino del Castello. Porto del sole, melanzana fritta e glassata con una salsa giapponese, caviale di melanzana, su una base di biscotto di grano saraceno e un’ emulsione di frutta per Pietro Leemann.
Ipotesi di torba, mollica di focaccia di patate imbevuta di estratto di cavolo nero e di betulla, polvere di betulla, porcino, ravanello cotto in ultrasuoni e idrolato di cirmolo, erbe e fiori per Alessandro Gilmozzi.
Un bellissimo appuntamento davvero!
La conclusione con la Sparkling Stories di Luciana Savignano
Ultimo evento del mio Trentodoc Festival e sua perfetta conclusione. Altra tipologia di evento, che vi avevo spiegato nell’ articolo dedicato alla manifestazione. Previsto al Chiostro degli Agostiniani, spostato a Palazzo Geremia nella centralissima via Belenzani per paura del maltempo.
In realtà il meteo ha graziato il Festival, almeno fino al primo pomeriggio quando ho lasciato Trento. A dispetto delle previsioni che per domenica avevano dato diluvio tutta la giornata.
L’ attesa di Luciana Savignano è stata allietata da un duo musicale, che ha suonato alcuni pezzi e preparato al meglio l’ atmosfera per accogliere la grazia, l’ eleganza e la simpatia della meravigliosa etoile, che è Luciana Savignano. Il suo intervento è stato davvero emozionante e ispirante.
La sua consapevolezza, ma anche la sua grande umiltà, unita all’ innegabile bravura, la rendono una vera artista. Tanti i racconti degli aneddoti legati alla sua carriera. Gli inizi, lo studio alla Scala, l’ esperienza al Bolshioi, i primi lavori, il cambio della percezione di sé e poi le varie esperienze fissate con foto o video proiettati in sala.
Ho apprezzato tantissimo le parole che ha riservato al rapporto con il corpo, di cui non è mai stata ossessionata, ma di cui ha sempre avuto e ha molto rispetto. Ancora oggi ogni mattina esegue un check sul pavimento con piccoli movimenti, che le permettono di ascoltarsi e capirsi. Ma anche quelle sul suo rapporto con gli affetti, la famiglia, l’ amore e gli animali. Tutto questo con la sua splendida cagnolina ai piedi come conferma.
Una donna meravigliosa, che nel ballo, oltre la tecnica ha sempre messo la sua anima e il suo cuore. Proprio lei ha sottolineato l’ importanza delle braccia nei ballerini, capaci di interpretare quello che si sente meglio delle gambe, perché più legate al cuore.
Ascoltando Luciana Savignano in quell’ ora di evento è riaffiorata la me bambina che amava e praticava la danza classica. E proprio quella bambina è stata felice di ascoltare un racconto non fatto di piedi, linee, centimetri e chili, come purtroppo spesso capita nella danza. Ma di sentimenti, impegno, intenzioni e rapporti sentiti.
A breve, dal 26 al 30 ottobre sarà protagonista in Tango di Luna al Teatro Franco Parenti di Milano. Chi la vedrà ballare vivrà senza dubbio un’ esperienza che gli rimarrà nel cuore. A me rimarranno i suoi discorsi puliti, pieni di grazia, ma anche forza e in alcuni momenti, amarezza. Un’ artista che è bello prendere come esempio!
Anche al termine delle Sparkling Stories un momento di degustazione con Trentodoc.
Le ultime considerazioni su questo Trentodoc Festival 2022
Nel complesso sono felice di aver partecipato a questo anno zero. Resto dell’ idea, come avevo già detto nel precedente articolo, che la cosa migliore sarebbe un mix tra eventi in città e in cantina. Trento comunque ci ha accolti al meglio. Nei suoi palazzi con affreschi e soffitti stupendi. E non ho partecipato agli eventi nella Tridentum Sotterranea, che dev’ essere splendida.
Unica piccola delusione, oltre al quasi immediato sold out dei Trentodoc Tasting la mancanza di un elenco delle attività in città organizzate nei ristoranti e nelle enoteche del centro storico. Il link non funzionava prima dell’ inizio della manifestazione e ha continuato a non funzionare. Anche usando la mappa, non si riuscivano a trovare i locali aderenti. Peccato perché credo che molti abbiano partecipato, considerando che anche il Bistrot dell’ hotel in cui ho alloggiato proponeva una selezione di Trentodoc pensata per l’ occasione.
Non entro nel merito delle classiche polemiche sulle partnership, in questo caso con Corriere della Sera. Sono dell’ idea che sia solo un bene che ci siano eventi di questo tipo. In città diverse, per avvicinare più persone al mondo del vino e farlo vivere anche in modo diverso da quello canonico. Perciò benvengano questi sodalizi, da cui ognuno può cogliere il positivo che cerca.
Sono sicura che l’ anno zero di questa nuova manifestazione porterà gli organizzatori a migliorare alcuni aspetti per l’ anno prossimo. E che la seconda edizione sarà ancora più accessibile.
Senza dubbio la mia esperienza è stata positiva ed è stata anche la prima volta che ho condiviso lunghi momenti di degustazione in modo spontaneo con perfetti sconosciuti. Ringrazio per la compagnia Francesca, Franco e Giorgio, nel caso leggano questo articolo.
Se voi avete partecipato a questo primo Trentodoc Festival 2022 fatemi sapere le vostre impressioni e chissà che non ci si veda nel 2023.
Se vi fa piacere, vi invito a leggere anche qualche articolo dedicato ad altri eventi del vino 2022:
Intanto vi aspetto su Instagram in attesa di ritrovarvi qui.
A presto
Lara