Incontri e degustazioni di questa edizione 2025 di Slow Wine Fair
La scorsa settimana abbiamo visto com’è andata in generale a Bologna quest’anno alla prima edizione di Slow Wine Fair con SANA Food. Oggi entriamo nel vivo della parte più interessante: le degustazioni.
Un evento come Slow Wine Fair è l’occasione per degustare vini di qualità, scoprirne di nuovi e avere una panoramica su cantine, che in parte conosciamo o di cui già amiamo qualche vino.
Un’edizione a tutto autoctoni
Come ho già accennato, quest’anno ho dato la priorità alla scoperta di vitigni autoctoni insoliti e li ho cercati nella Wine List di Slow Wine Fair. Utilissima per avere un’idea precisa dei vini in assaggio. A volte capita di arrivare a uno stand con l’intenzione di degustare qualche vino in particolare e non trovarlo tra le opzioni proposte. Con questa lista si evita che accada.
Ho trovato un’effettiva corrispondenza tra i vini indicati nella lista e quelli proposti in Fiera. Ammetto che avevo sperato in qualche eccezione, soprattutto da Di Barrò. Dove proprio Slow Wine Fair consigliava di assaggiare il Mayolet in purezza, che però non era tra gli assaggi possibili.
Per togliermi il dubbio l’ho chiesto subito, così da organizzarmi e ho iniziato la mia giornata di degustazione con il loro Metodo Classico Pad Dosé Mirlifor. 25% rispettivamente di Chardonnay, Pinot Gris, Petite Arvine e Pinot Blanc per un buon inizio con un’ottima freschezza.
Da approfondire con altri vini.
Altro Metodo Classico da Boschera.
Cantina Malibràn, FIVI e certificata Biodiversity Friend, come abbiamo già visto qui. Certificazione che controlla lo stato di salute dei suoli, la presenza di muschi, licheni, insetti e tutto quello che crea un’ottimale biodiversità.
Punteggio più alto alla vigna rappresentata sulla capsula del 5 Grammi Rive di Santa Maria di Feletto, grazie alla presenza di ben 17 famiglie di organismi.
Malibràn da tre generazioni produce solo vini da vitigni vocati nella DOCG Conegliano Valdobbiadene, infatti è il Prosecco, soprattutto col fondo, al centro della produzione.
Due proposte di Boschera: il fermo Boschera Centogufi e il Metodo Classico Pas Dosé Dassie-Favrel. Boschera vitigno recuperato, dalla maturazione tardiva, per questo usato con Verdiso e Glera per il Passito Torchiato di Fregona.
Un vitigno che dà al vino sapidità e longevità. Una sosta sui lieviti prolungata e un’attesa di ben sette anni prima dell’uscita del Metodo Classico, per arrivare all’idea che Maurizio Favrel, titolare della cantina, aveva in mente.
Altra cantina veneta già citata per l’attenzione alla sostenibilità, Oryzetum. Nome legato al territorio, perché quando la famiglia di Giuseppe e Antonella Cescon vi si trasferì a inizio 900, era una risaia gestita da monaci benedettini.
Ho degustato solo il loro Orange Aureum da Verduzzo Trevigiano.
Un vino intenso, dal colore dorato splendido, che di certo va degustato con più calma di quella che offre una Fiera. Nonostante la situazione non ottimale mi ha colpita la complessità che va dalla frutta alle erbe aromatiche, con note di spezie dolci e il buon equilibrio. Un orange, che può convincere anche chi non ama la tipologia.
Controllando online per lasciarvi i link delle cantine citate, ho notato sull’e commerce un prezzo più importante di quello che mi aspettavo, però è sicuramente un vino di qualità.
Prossimo loro assaggio sicuramente il Raboso.
Sempre Verduzzo, però Friulano, il mio penultimo assaggio di giornata da Vie D’Alt. Il vino dolce, ma non stucchevole, che non può mancare sul finire delle mie degustazioni.
Cantina a Prepotto, in Friuli Venezia Giulia gestita da 3 sorelle, che portano avanti il lavoro centenario di 4 generazioni. Nadia, Mara e Giulia celebrate anche nel logo dell’azienda, un tulipano stilizzato, con tre petali intrecciati.
Arrivata in velocità per un solo assaggio, ho comunque trovato una bella energia e un’ottima disponibilità. Resta in lista per una bella panoramica futura, anche perché oltre al rinnovo dell’immagine e delle etichette Vie D’Alt ha una nuova cantina con pannelli solari, fotovoltaici e segue una viticultura ragionata a basso impatto ambientale.
Altri autoctoni interessanti
Devo dire che arrivare ai banchi d’assaggio con richieste così specifiche ha stupito spesso. Così è stato da La Costa, dove la produttrice Claudia Crippa mi ha chiesto chi mi avesse consigliato il suo Verdese.
Due le proposte: Brigante, solo acciaio, blend con Chardonnay e Manzoni Bianco, Bacca, in purezza, macerato sulle bucce, un anno in barrique e uno in bottiglia, per poche centinaia di bottiglie.
Bacca il mio preferito tra i due, più verticale, bello sapido, con una nota agrumata decisa e sentori di frutta secca.
Una cantina da approfondire possibilmente in loco, visto che è una realtà completa con agriturismo nel Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone.
Prima di riuscire a trascorrere qualche giorno da loro probabilmente degusterò altro a qualche prossimo evento, magari FIVI, visto che ne fa parte.
Stupore anche da Altea Illotto però diverso. Al momento allo stand non erano presenti i produttori per raccontare i vini e la cantina. Il signore presente mi ha fatto degustare molto gentilmente l’Altea Bianco da Nasco, dichiarando però di non sapermi dare informazioni precise.
Un solo bianco, non certo un vino da ingresso. Anzi, uno dei bianchi più intensi della giornata.
Una piccola realtà, che voglio rincontrare.
Da Cantina Berritta doppio assaggio, solo di Panzale. Cantina biologica a Dorgali, nella vallata di Oddoene, con una linea di produzione sostenibile dalla vigna alla bottiglia (da 400 g). L’unica a vinificare il Panzale, vitigno da Antonio Berritta a partire dagli anni Ottanta e imbottigliato dal 2005.
Due le proposte di questo bianco in terra di Cannonau: la prova da vasca 2024 e la 2021. Solo acciaio, con fermentazione sulle bucce per 12/18 ore per un vino sapido, che invoglia il sorso.
Panzale che, mea culpa, sul momento avevo confuso con un altro autoctono, il Pascale. Tra l’altro rosso, che non sono riuscita a degustare da Tenute Dettori, perché lo stand al momento era vuoto e non mi è sembrato il caso di procedere con il self service.
Restando in Sardegna due assaggi interessanti con il bianco Semidano “Memorie di vite SMD” da Quartomoro e da Tenute Olbios con il rosso Muristellu “Amur” da Tenute Olbios.
Altro autoctono sardo la Granazza Bianca di Giuseppe Sedilesu, che mi è stato raccontato con una passione e un’autenticità davvero rare.
Volevo tornare per i rossi, ma visto l’approccio avrei voluto far e una panoramica generale e stavolta non era il caso. Cantina tra quelle a cui dare la priorità in un prossimo evento o alla prossima edizione di Slow Wine Fair.
Lo scorso anno ad esempio avevo lasciato in sospeso i rossi da Agricola Sassu e quest’anno ho recuperato assaggiando finalmente il Nebbiolo di Luras Pedro Minore e il RossoSassu da Cannonau di Luca.
Altra realtà che vi consiglio, se ancora non la conoscete.
Certo concentrare subito gli assaggi che ci interessano sarebbe meglio, ma abbiamo a che fare con il vino, non con acque aromatizzate. Purtroppo bisogna mettere dei paletti nel rispetto del nostro corpo e anche del vino.
In ogni caso come si suol dire, si torna sempre dove si è stati bene, perciò c’è sempre modo di recuperare.
Le migliori scoperte a Slow Wine Fair 2025
Due per me le scoperte migliori di questa edizione di Slow Wine Fair.
Una assolutamente casuale. Nella Wine List avevo selezionato Cantine Fratelli Addimanda con il loro Roviello Bianco e anche da loro sono arrivata con questa richiesta precisa.
Due le annate, 2021 e 2019 del loro Aciniell’, che prende il nome dal caratteristico acino piccolo e spargolo del grappolo di Roviello Bianco.
Due vini da uve a maturazione posticipata, con acini leggermente appassiti. Il Roviello Bianco anticamente era detto Grecomusc’, proprio perché maturando imbrunisce e appassisce ad appassisce.
Già la 2021 mi aveva colpita, però la 2019 con la sua intensità e le sue note più evolute di spezie mi ha conquistata.
Un incredibile vino bianco nel cuore del comune di Taurasi.
Ho quindi cercato di capire di più di questa azienda impegnata nella difesa e nel recupero di alcuni ecotipi autoctoni campani, come appunto il Roviello Bianco, quasi estinto, e l’Aglianico di Taurasi.
I due fratelli Addimanda mi hanno raccontato la loro produzione da ceppi plurisecolari, mostrandomi anche splendide foto degli archivi storici.
L’incontro è stato talmente piacevole e i vini mi hanno così colpita, che sono tornata nel pomeriggio a degustare i rossi.
Irpinia Aglianico DOC, Irpinia Campi Taurasini DOC, credo mio primo assaggio di questa sottozona, più Taurasi DOCG e Taurasi Riserva da un unico vigneto con allevamento a starseta di età media di 80 anni (dai 40 ai 150).
Un viaggio tra annate diverse, uso diverso del legno e vino da vigne di età differenti.
Tutti di qualità e ben caratterizzati. Notevole il Riserva, però il mio cuore però resta al Roviello Bianco, che ho consigliato a produttori e amici incontrati in Fiera e consiglio anche a voi.
Roviello Bianco, che oggi copre 3 degli 8 ettari della cantina Fratelli Addimanda.
L’altra scoperta invece non è merito mio, devo invece ringraziare Ilaria Addis. Ilaria, che avevo conosciuto a Terre di Vite 2023 con i suoi meravigliosi Vermentino, quest’anno era a Slow Wine Fair con il suo stand nell’isola della Sardegna.
Quando sono passata era giustamente occupata, quindi l’ho solo salutata a distanza e lei al volo mi ha suggerito di degustare una proposta di Vermentino affinato in granito da La Granitica a due stand di distanza.
Conoscendo i vini di Ilaria e sapendo che ha un’idea dei miei gusti, non me lo sono fatta dire due volte ed essendo ancora in giro bianchi mi sono subito fermata.
Così ho conosciuto Andrea Addis, giovane consulente agronomo specializzato in viticoltura, che ha recuperato vigne di Luras avvolte dal bosco dagli anni 50 e ha pensato di usare il granito tipico della Gallura per potenziare la complessità e la mineralità dei vini del territorio.
Siamo nella IGT Colli del Limbara dove la pietra tipica del Monte Limbara è il rosa Limbara, detto anche “Ghiandone” dalla grandezza della ghianda, cioè la porzione rosa dei cristalli di feldspato.
Andrea è partito da prove con pezzi di granito direttamente nel vino per capirne gli effetti e quando si è reso conto che non alterava il vino in negativo, anzi ne migliorava la mineralità, si è convinto ancora di più della sua idea di far affinare il Vermentino nel granito. Creando La Granitica.
Il Pedra Lughente, pietra luccicante, omaggio al granito e alla luce data dai suoi cristalli, è un vino minerale e complesso, proprio grazie all’affinamento a contatto con la pietra granitica. Che oltre a esaltare il vino, lo chiarifica anche naturalmente.
In degustazione la prima uscita, l’annata 2023 uscita a maggio 2024 e la prova da vasca 2024.
Un’idea portata avanti con convinzione e tenacia, che sta dando ottimi risultati.
Ancora in elaborazione il secondo vino La Granitica, il rosso. Sono tornata poi per assaggiare la prova ad oggi e non vedo l’ora di scoprirlo in bottiglia.
La Granitica, citata anche nell’altro articolo per l’attenzione a ridurre il materiale cartaceo, ha infatti proposto un QR code per le informazioni sui vini e giustamente uno per il segui su Instagram.
Attenzione alla sostenibilità anche per la bottiglia con etichetta in carta riciclata bianca grazie alla polvere di marmo e capsula in gommalacca riutilizzabile. Sul tappo la scelta è classica, sughero naturale, rigorosamente selezionato.
Un quadro che spiega il prezzo del Pedra Lughente, di certo importante come prima uscita.
La Granitica è un progetto di qualità, sfidante, con una bella energia giovane, consapevole e sostenibile. Quello che serve al mondo del vino oggi. Grazie Ilaria per il consiglio e per aver scelto di appoggiare Andrea!
Dalle scoperte alle conferme
Con l’organizzazione di quest’anno ho tagliato tutto gli assaggi di cantine che già conosco molto bene. Due sole eccezioni per il Poggio Triale 2022 di Tenuta La Pazzaglia e per uno Chardonnay 2009, già con tappo stelvin di Casetta dei Frati, Modigliana.
Dalle altre qualche saluto allo stand o tra le corsie, ma niente calici. Così come per realtà che ancora mi mancano di Emilia Romagna e Marche.
Ho provato solo per curiosità la Rebola di San Patrignano, che non è nel progetto Rimini Rebola e i cru di Verdicchio di Campanelli, giovane realtà strettamente legata al territorio, che promette molto bene nel mondo del Verdicchio.
Diciamo che ho dato priorità alle nuove scoperte. Tra le cantine che già conoscevo e di cui volevo assaggiare altro, ne ho tenute solo due: Fabio Ferracane e VNA.
Fabio Ferracane, mai incontrato prima, però seguo da tempo la cantina di Marsala su Instagram, dopo aver scoperto Magico Bianco e Macerato Catarratto. VNA invece, incontrata al mio primo Mercato FIVI 2019. Oggi ha diverse referenze in più rispetto al tempo quando era passato poco dalla sua nascita (nel 2015) e io più esperienza di assaggio.
Entrambe due conferme.
Fabio Ferracane un vignaiolo che crede nel suo territorio e vuole esprimerlo al meglio con i suoi vini. Non a caso era nell’isola Vi.Te. Vignaioli e Territori.
Un’attenzione incredibile alle uve, ai tempi giusti, ai cambiamenti da mettere in atto anno dopo anno a seconda delle condizioni climatiche, di umidità e temperatura.
Con praticamente tutta la produzione in degustazione e una disponibilità infinita da parte sua, non ho potuto non concedermi una panoramica. Facendomi raccontare ogni vino dall’ancestrale estivo Foddree’ al Muffato con flor, come i vini dello Jura, che ricorda un Marsala.
Un assaggio insolito, con cui ho chiuso in bellezza le mie degustazioni.
Se Catarratto, Grillo e Nero d’Avola sono i vitigni autoctoni valorizzati, il Merlot, da una vigna di 40 anni di suo padre, è un assaggio doveroso, perché dubito vi aspettereste un Merlot siciliano così fresco. Provare per credere!
Così come va provato l’Aggiara Catarratto con 21 giorni di macerazione in anfora. Per chi preferisce vini più rassicuranti senza dubbio il Guanciabianca sarà perfetto.
Da sottolineare l’ottimo rapporto qualità prezzo dei vini di Fabio Ferracane, acquistabili direttamente sul suo e commerce. Oltre che in cantina, dove una visita dev’essere un’esperienza unica.
Dalla Sicilia all’Oltrepò Pavese, una delle zone vitivinicole più ricca di biodiversità, caratterizzata dalla presenza di numerose orchidee selvatiche, che ne testimoniano il suolo sano.
Biodiversità che si ritrova anche sulle etichette dei vini VNA, visto che l’azienda ricorda animali presenti in vigna. Tranne il T Rex (N.0), legato a un ricordo d’infanzia di Federico Fiori, ideatore di VNA.
Pinot Nero, Cortese, Croatina, Malvasia Aromatica di Candia e Uva Rara i vitigni principali di questa cantina nella parte occidentale vicino al confine con il Piemonte. Zona più caratterizzata da vini fermi rispetto all’Oltrepò Orientale.
Una proposta davvero ampia con rifermentati in bottiglia, orange, tra cui l’N.0 che cambia ogni anno, i rossi con l’elegante Pinot Nero N.6, la tradizione di Barbera, Croatina e Uva Rara dell’N.4 e il passito N.8 da Croatina con tannino e acidità.
Proposte più recenti il Metodo Classico N.2 (c’è anche l’N.2+) e l’ancestrale N.7 2021, rosato, se non ricordo male, che non ho provato, limitandomi al primo.
Assaggio dei rossi ridotto a due, penalizzato dal contesto fiera. Con un buyer estero allo stand e Federico da solo, era meglio seguisse lui. L’Oltrepò Pavese comunque è più vicino di Marsala, quindi una visita è più facile da organizzare.
Anche i vini VNA si possono acquistare sull’e commerce dell’azienda e se non conoscete ancora la cantina vi consiglio di seguire il profilo IG dove dopo anni di silenzio, finalmente pubblica diversi contenuti interessanti, che aiutano a far conoscere i loro ottimi vini.
Altri assaggi random
Ho ripercorso con voi la mia giornata di incontri e degustazioni rievocando le sensazioni del momento.
Ce ne sono stati altri, che mi lasciano spunti per i prossimi eventi.
Da Canestrini con il Casavecchia, giovane cantina familiare campana, che ha deciso di intraprendere questa strada dopo anni di autoproduzione ai rossi dell’Etna SRC.
Ancora in Campania, su consiglio di Paola Alepa ho provato i Greco di Tufo di Cantine di Marzo. Cantina storica, la prima ad avere una cantina nel tufo e a spumantizzare per la Francia in periodo di fillossera.
Non a caso in etichetta si legge “Dal 1647”.
Segnata da me invece Tenuta del Meriggio per il Coda di Volpe. Cantina con vigne a pergola (o raggiera) avellinese, forma di allevamento storica campana in via d’estinzione, non più impiantabile nonostante protegga le uve.
Azione che ad oggi si ricerca visto il cambiamento climatico.
Ci sarà un’altra occasione per il Coda di Volpe di Cantine dell’Angelo, consiglio di Slow Wine Fair, come per un altro paio di suggerimenti di Paola.
Pochi i PIWI. Presenti le eccellenze di Lieselehof e Thomas Niedermayer, che però avevo già approfondito e casomai preferisco ritrovare in eventi più piccoli.
Come novità ho provato il Suite N.1 Delaiti, con Johanniter e Souvignier Gris, orange affinato in anfora e poi in legno. Non mi ha conquistata, però lo riassaggerei volentieri, magari con l’altro loro PIWI, il bianco Johanniter.
Delaiti è una cantina trentina con una proposta che va dal Trentodoc ai Borgognoni, quindi ci sta non fermarsi al primo impatto e magari provare qualcosa anche delle altre linee.
Un solo giorno a disposizione per me significa poco estero. Stranamente ho provato solo rossi.
Vinas Mora dalla Croazia e Weninger dall’Austria, su consiglio di Matteo (Perseveranza), tutti nell’isola Triple A.
Due assaggi piuttosto freddi e impersonali, perché nel primo il produttore era impegnato al telefono e in secondo stava chiacchierando già con altri due ragazzi in austriaco o tedesco.
Vini di qualità, però in entrambi i casi non ho saputo nulla dell’azienda. Purtroppo a me capita spesso agli stand degli altri Paesi, per questo a meno che non ci sia qualcosa che mi incuriosisce particolarmente come assaggio, se devo tagliare taglio qui.
Eccezione positiva di questo 2025 4 Gatos Locos, cantina argentina creata da 4 amici. Malbec, due delle tre con etichette dedicate proprio ai gatti.
Qui una degustazione con il produttore e un dialogo piacevole, come i vini.
Da questo excursus credo si sia capito che è stata una giornata intensa, ricca di bei momenti, scoperte, conferme, che ha portato la mia lista per visite in cantina e acquisti allungarsi ancora.
Come sempre in questi articoli post Fiere il mio racconto ripercorre la mia esperienza.
Voglio darvi spunti, al di là dei dettagli tecnici, che si possono scoprire nelle schede prodotto per farvi capire da quali produttori andare voi per farvi raccontare personalmente i loro vini.
Ringrazio tutte le vignaioli e i vignaioli che con me l’hanno fatto, che mi hanno dedicato il loro tempo o un saluto. È sempre un piacere!
Aspetto nei commenti le scoperte di chi è stato a Bologna quest’anno.
Per continuare insieme il viaggio nel mondo del vino con Slow Wine Fair, leggete anche:
- SLOW WINE FAIR E SANA FOOD 2025
- ASPETTANDO SLOW WINE FAIR 2025
- DEGUSTAZIONI A SLOW WINE FAIR 2024
- SLOW WINE FAIR 2024
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A presto
Lara – In vino venustas
*Grazie a Slow Wine Fair per l’accredito stampa